Vi propongono l’inizio del primo capitolo de La cerca del vero – Il mistero della nostra origine.
“ Non lasciate che la dottrina dominante
s’impadronisca delle vostre menti”.
(Alexander Fleming, 1881-1955)
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VIAGGIO INIZIATICO… IN EGITTO CON SOFIA
Quel mattino ero esuberante! All’aeroporto della capitale in buon anticipo, assicurai l’auto nel parcheggio coperto, dove sarebbe rimasta almeno per dodici giorni. Sofia, la mia splendida compagna di vita, si riprese a poco a poco dal dormiveglia del viaggio. Si stropicciò gli occhi e si rese conto di essere arrivata.
Ancora un po’ stralunata, mi chiese: “Siamo arrivati?”.
“Certo, dormigliona! Non vedi dove siamo?” risposi, con tono quasi di rimprovero per aver dormito mentre guidavo. “Torna in questo mondo. È qui che dobbiamo vivere, ora! Senza di te, cosa farei?”, aggiunsi con tono ironico e serioso, insieme.
Una veloce ripassata di rosso alle labbra, qualche colpo di spazzola ai capelli e un po’ di colore alle gote. Ripose frettolosamente gli arnesi nella borsa senza fondo. Finalmente anche Sofia pose piede a terra, mentre avevo già prelevato i nostri bagagli. Ci avviammo verso la reception, dove avremmo incontrato il gruppo della rivista Hera, Adriano e lo staff organizzativo.
A Fiumicino doveva convergere il gruppo dell’Italia settentrionale con volo Milano Roma, unirsi al gruppo centromeridionale, il nostro. Poi, insieme, da Roma per Luxor, in Egitto.
Raggiunto il luogo d’appuntamento, non c’era ancora nessuno.
L’orologio sentenziò che eravamo in anticipo di un paio d’ore.
Ci sistemammo al tavolo di un bar e aspettammo in compagnia di caffè con schiuma di latte e brioche. L’attesa fu più lunga del previsto a causa del mio orologio mentale, drogato dal desiderio spasmodico, frustrato da troppo tempo, per questo viaggio nelle terre del Nilo, stracolme di storia e siti archeologici senza pari.
Infatti, dopo aver lasciato la presidenza della Provincia, preceduta da un decennio come Sindaco, mi ritrovai con molto tempo a disposizione, prima dei successivi due mandati elettivi consecutivi ed essere di nuovo totalmente occupato e contratto dai problemi della mia cittadina; un periodo temporale come mai avevo avuto, da dedicarlo ai miei veri interessi culturali, abbandonati dopo gli studi universitari subito alle prese con il lavoro, la famiglia e i primi impegni politico-amministrativi.
Spolverai e risistemai i libri del liceo e dell’università: scelsi quelli che mi erano parsi, a suo tempo, più rilevanti e meritevoli ancora di studio. E ricominciai a leggere, indagare, analizzare, soppesare, sviscerare e approfondire.
Presto e sempre con più forza – ci avrei giurato – riaffiorò la criticità che mi aveva contraddistinto, fin dai tempi del liceo classico, nei riguardi di un sapere statico e conformista; indiscutibile, perché accettato acriticamente a prescindere; da bere a occhi chiusi, come una medicina amara che salva la vita.
Un sapere, così, che ai miei occhi si faceva interprete di qualcosa di costruito a qualche fine precostituito. Non certo libero e aperto a interpretazioni diverse del reale, come nella storia del pensiero umano ci sono state.
Un sapere pieno di se stesso, che già conosce tutto di tutto, in grado di spiegare qualsiasi fenomeno o negarne l’esistenza; che non ammette apprendimenti diversi, combattuti di certo non con la ragione; con imposizioni, invece, dal sapore dogmatico, a difesa di presunte verità costituite; pretese e imposte dal sacro fuoco di dover preservare verità religiose o scientifche, in questo caso storiche, dall’eresia sempre in agguato.
Fu allora che volsi lo sguardo altrove.
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